Meglio di una SSR - Ojhawa (2024)

Occhi chiusi, braccia ritte lungo i fianchi, concentrazione al massimo sul respiro lento e sul battito cardiaco. Mi dà fastidio che non riesca a calmare quest’ultimo e un sopracciglio mi si contrae nervoso. È da stamattina che non fa altro che correre e non è dovuto alle continue attenzioni che chi mi sta attorno mi rivolge. Non sono abituato a stare in mezzo a tutta questa gente, ma per una volta non è la ragione del mio malessere. La maggior parte di loro non ha dato peso all’atteggiamento schivo, lo sguardo basso e la schiena incurvata che ho avuto fin dalle prime ore dell’alba, non era, e continua a non essere, insolito per me, eppure Ortho se n’era accorto, con un veloce scan dei miei parametri vitali.

Mentre ero al tavolo stracolmo di dolci che avrebbero dovuto essere la colazione dei presenti, lui mi è volato accanto.

«Fratellone, cosa c’è che non va?», mi ha chiesto facendomi sobbalzare dallo spavento. L’ho guardato più pallido che mai, ma ho provato a rassicurarlo.

«Niente, sto bene», sono tornato a porre attenzione al rinfresco. Il mio piatto era ricco di cornetti, frutta secca e yogurt, ma niente era stato toccato e non perché non faccio mai colazione. In realtà sentivo lo stomaco sottosopra, come adesso, e non mi andava molto di mangiare, neanche per accontentare i presenti. E pure Ortho l’aveva notato.

«Analizzando i tuoi dati sembri essere nervoso e il battito cardiaco…», ho smesso di ascoltarlo. Sapevo benissimo come mi sentivo, non avevo bisogno che qualcun altro me lo dicesse. Però poi ho afferrato cosa ha aggiunto dopo e sono tornato a prestargli attenzione. «È colpa di Eliza-san se stai reagendo così? Se ho ragione ti consiglio di sviare i pensieri dall’evento. Quello è un trauma vecchio, devi superarlo. All’epoca ti stavano costringendo a sposarti, oggi non è più così».

Era vero. Quando successe fu orribile. Non uscivo mai dalla mia camera, una volta sola lo feci e fui rapito, tirato a lucido e costretto a sposarmi con una sposa fantasma che voleva ammazzarmi e portarmi nell’aldilà con lei. Fu un vero trauma. Dopo non uscii dalle mie belle quattro mura per intere settimane e fui costretto a farlo solo per colpa delle minacce derivanti da diverse persone accumulate insieme. Anche quello fu orribile. Forse potevo pure sembrare più presentabile, con i capelli sistemati di lato e l’abito con il giglio nell’occhiello, però fu devastante. Se non fosse stato per Ace-shi, che ha interrotto il matrimonio appena in tempo, chissà dove sarei adesso; gli altri sono stati dei tali incompetenti che le parole che ho detto loro sono state pure poche.

«Non credo sia dovuto a quello», gli ho risposto, aggiungendo un altro cucchiaio di yogurt bianco al piatto, coprendo buona parte delle mandorle. Non avrei decisamente mangiato ciò che c’era all’interno, rincararlo era solo una risposta nervosa all’ansia che sentivo dentro.

«E allora a cosa?», Ortho ha inclinato la testa, curioso di sapere che frullava nella mia, ma ciò mi ha infastidito.

«Non puoi capire», mi sono girato con il piatto, dando le spalle al tavolo e a lui. Ho provato ad allontanarmi, però mi ha seguito.

«Se me lo spieghi posso capirlo». Era davvero preoccupato ora, eppure io non sapevo come dirglielo. Mi ci potevo mettere anche con tutta la buona volontà a spiegargli come mi sentivo, però era davvero impossibile. Non sono mai stato bravo nell’esprimere o capire i sentimenti, meno che mai quelli complessi, e, al solo pensiero di dover venire a patti con essi, il corpo stava tremando. Ho notato il piatto oscillare nella visuale, poi la presa è divenuta debole e mi è sfuggito dalle mani. Il tempo sembrava quasi rallentato mentre si ribaltava e cadeva sul pavimento, spaccandosi e spargendo yogurt, frutta secca e cornetti ovunque.

Ho avuto un sussulto, mi sono guardato subito attorno e ho notato gli occhi di tutti i presenti su di me.

«S-scusate», ho mormorato sottovoce piegandomi subito per prendere i cocci e il cibo solido.

«Ortho, aiutalo», ha ordinato mia madre, a cui ha risposto con un robotico “sì”. È volato a prendere dei panni umidi, ma a parte lui nessun altro mi ha aiutato, sono tornati alle loro chiacchiere.

Ecco, quando mi serve una mano non c’è mai nessuno. A nessuno interessa veramente di me.

Recuperando un cornetto, mi sono accorto che le mani hanno ripreso a tremare. Mi sono fermato a guardarle e, mentre le voltavo per osservare il palmo, anche la vista si è annebbiata.

“Le tue mani sono calde”

Ho spalancato di nuovo gli occhi quando il ricordo è emerso dalle profondità della mente.

“Ti dispiace se le tengo ancora un po’? Le mie sono fredde”

Era nella mia testa, ma riuscivo a vederla sorridermi, limpida e solare. Cosa aveva trovato di speciale in uno come me? Perché si è innamorata di me, ricambiandomi? In fondo mi andava bene anche solo osservarla da lontano, attraverso la webcam del tablet o le telecamere di sicurezza hackerate. Mi sarei accontentato di questo. Invece, oggi, sto per sposarla. Per questo non sapevo spiegare ad Ortho il mio nervosismo. Per farlo dovevo prima dirgli cos’è l’amore e a mala pena lo so io. È un sentimento che negli anni era marcito in me, da dopo l’incidente. Non ne avevo più provato fino al giorno dell’Overblot. Poi è cambiato qualcosa, ho scoperto una luce, una speranza, che mi ha detto che non ero condannato.

L’ho provato, ma se dovessi descrivere l’amore direi solo il nome dell’unica persona al mondo a cui sia mai importato di me. Se ci fosse stata lei quando mi era caduto il piatto, sarebbe accorsa ad aiutarmi senza pensarci due volte, preoccupata che stessi bene, e solo dopo si sarebbe occupata della stoviglia.

«Fratellone, rimani fermo, ti pulisco la scarpa», è stata la prima cosa che Ortho mi ha detto quando è tornato con il panno umido.

Mi guardo una punta delle scarpe lucide e nere, quella sulla quale stamattina ci era finito lo yogurt. Ortho l’ha ripulita alla perfezione, ma occupato dal compito da svolgere non si è chiesto il motivo per cui il piatto fosse caduto, né come stessi io.

Richiudo le palpebre. (Y/n) l’avrebbe fatto. Ortho mi vuole bene, ma è diverso. Lei, invece, mi ama davvero. Non so cosa l’ha spinta a farlo, ma è la prima e forse unica persona che ci tiene sul serio a me. Mi sento bene quando c’è lei. Se invade il mio spazio privato non vado nel panico, ma sorrido e il cuore comincia sempre a farsi sentire. Per lei provo qualcosa che non ho provato per nessun altro prima, nemmeno le mie waifu supreme. Per questo motivo sono così nervoso.

Il sopracciglio ha un’altra contrazione e mentre cerco ancora di calmarmi, delle note iniziano a suonare e spalanco gli occhi terrorizzato.

Le persone sedute alle due navate laterali si alzano in piedi e passo lo sguardo da un gruppo all’altro, prima di scattare verso Crimson Musc-, cioè, voglio dire, Lilia, che continua a suonare la marcia nuziale con la chitarra elettrica. Non c’è una ragione, ma mi sento tradito da tutti. Non ero pronto, perché hanno cominciato a fare tutto questo senza preavviso?

Lilia solleva la testa dalle corde che sta pizzicando e si accorge della mia insistenza su di lui. Fa un cenno con il capo e dal labiale leggo “guarda davanti a te”.

Proprio allora Ortho, presente alla mia destra, esclama «wow!»

Quindi lo faccio, guardo davanti a me, e le pupille si dilatano quando la vedo. Non so nemmeno come descriverla, è semplicemente bellissima, al centro della navata che avanza sorridente, guardando fisso verso la mia direzione.

I-io… lei è… non… com-… Ho smesso di funzionare! Come si forza il programma di arresto su di me? ALT F4, ALT F4! Riprogrammate il mio cervello, si è buggato!

«Idia!»

«Fratellone!»

Le voci di testimoni e celebrante mi riportano alla realtà. Mi sono emozionato troppo, ho perso il dominio sui miei capelli e ho rischiato di bruciare chi mi sta attorno.

«S-scusate», balbetto riportando la situazione sotto controllo, prima di tornare a lei.

È… più bella di una SSR speciale che si desidera tanto e arriva in free-to-play!

È qui. Devo dire qualcosa, ma l’unica cosa che riesco a fare è fissarla come un NPC messo lì solo per riempire il luogo, con le labbra incollate insieme, secche, e gli occhi spalancati.

Devo averla imbarazzata, perché distoglie i suoi e ridacchia lievemente.

«Stai benissimo», si complimenta, sbloccandomi dallo stato vegetativo.

«A-anche tu, sei bellissima!», mi affretto a rispondere. In real life riesco a fare schifo pure con una cosa così semplice. Ma la vedo abbassare lo sguardo e arrossire con un dolce sorriso e ciò mi rincuora.

Non ci voglio credere. Ho raggiunto il Good Ending al di fuori di un gioco e senza consultare alcuna guida. Sto per sposare la mia waifu suprema in 3D e da oggi sarà mia moglie. Mi sta per scoppiare il cuore. È una sensazione più bella di quando fu annunciato il sequel di Star Rogue.

Meglio di una SSR - Ojhawa (2024)

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